Se c'è una cosa che spesso viene dimenticata in ciò che concerne il concetto di politica è quel tratto machiavelliano che la caratterizza nella sua pratica e nella sua concretezza; la sua interconnessione con il potere è spesso considerata come un fatto deteriore e infimo, una fastidiosa conseguenza dovuta alla contingenza delle cose che offusca la visione purista del "modello" ideale da perseguire.
Tuttavia c'è nell'essenza della politica un elemento fondativo che anche la tradizione filosofica pensa con difficoltà (credo avvenga il contrario solo in alcuni passaggi chiave del pensiero marxiano) ed è suo essere essenzialmente conflitto, scontro per la sopravvivenza (dei singoli o dell'umanità), affermazione di un potere.
"Lincoln" mostra come i lati mortiferi e vitali di questo conflitto costitutivo siano tra loro intimamente legati: la parola e la guerra che stanno al centro della scena determinano, allo stesso tempo, la vita e la morte delle genti, la loro libertà e la loro disumanità. Se non si comprende questo legame non si può cogliere il procedere dell'ultimo film di Spielberg.